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PERCHÉ GESÚ DENUNCIA LA RELIGIONE

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Mt 21, 28-32

"Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sí, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?" Dicono: "L'ultimo". E Gesú disse loro: "In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli."

*****

Gesú, che era accusato di "mangiare con peccatori e pubblicani" -vale a dire, di comportamenti inadeguati ad una persona religiosa-, passa dalla provocazione alla denuncia della religiosità dei suoi accusatori.

Il testo indica che i i suoi interlocutori sono "i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo", l'élite religiosa nonché massima autorità del giudaismo. Si vantano di essere "giusti" e si reputano giudici dell'ortodossia, approvando o condannando i comportamenti della gente. Assumendo una funzione di "intermediari" di Dio, hanno finito per assolutizzarla fino a farla diventare l'istanza piú potente di quella società.

Sappiamo che Gesú non andava d'accordo né con il potere né con la religione. Al primo contrapponeva sempre il servizio ("I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non cosí dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti": Mt 20,25-28); alla seconda, la gratuità("Tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato": Lc 15,31-32).

Non è casuale che servizio (compassione) e gratuità costituiscano gli assi basilari del suo messaggio. E non sembra neanche casuale che questi tratti caratteristici non siano proprio apprezzati dall'autorità. Sia pure in un modo inconsapevole, l'autorità cerca di mantenere il potere. A questo scopo, si riveste di un'aria di solennità, allo stesso tempo che esige sottomissione e osservanza delle norme. In questo modo, e pur proclamando il contrario, in pratica capovolge il messaggio": i "sudditi" captano automaticamente che ogni cosa si risolve nell'osservanza e nel merito. Si continuerà a fare un discorso "religioso" e si continuerà a nominare Dio e Gesú, ma di fatto si è disattivato il messaggio originale.

Di fronte a questo modo di funzionare da parte dell'autorità religiosa, la parola di Gesú non può essere piú forte: "I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio".

Per i suoi interlocutori, diventerebbe senz'altro un paradosso pungente: proprio quelle persone ritenute da loro nientemeno che "peccatori pubblici", lontani e maledetti da Dio, venivano preferite a loro.

Non è l'unica volta che Gesú sovverte l'"ordine religioso". Nelle parabole del "buon samaritano" (Lc 10,25-37) o del "giudizio finale" (Mt 25,31-46) si trasmette lo stesso contenuto. E, in un modo tassativamente chiaro, nello stesso vangelo di Matteo si legge: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt 7,21).

Dietro a tutte queste parole di Gesú, non sembra difficile percepire quello che per lui era la cosa piú importante:

· l'affermazione della Gratuità; in linguaggio teistico si esprimerebbe in questo modo: "Dio è Grazia";

· gli "ultimi" -per il semplice fatto di esserlo- sono i preferiti;

· la preminenza dell'amore sulle credenze: non importa tanto ciò che si crede mentalmente quanto ciò che si vive e, ancor di piú, ciò che si ama.

Di Gesú si disse anche che "passò facendo del bene" (At 10,38). Questa è la chiave definitiva: il test della vita spirituale non c'entra con le credenze, ma con la vita quotidiana e, specificamente, con l'atteggiamento di bontà verso gli altri.

 

Enrique Martínez Lozano

Traduzione: Teresa Albasini

www.enriquemartinezlozano.com

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