Buscador Avanzado

Autor

Tema

Libro de la biblia

* Cita biblica

Idioma

Fecha de Creación (Inicio - Fin)

-

LO SPIRITO CI PORTA OLTRE LE CREDENZE

Rate this item
(1 Vote)

Gv 20, 19-23

La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesú, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!" Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesú disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi." Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi."

*****

In questa catechesi -che si prolungherà con la scena di Tommaso-, si fa riferimento ad alcuni dati significativi. Entrambe le apparizioni accadono "il primo giorno dopo il sabato", e con questo si sta dicendo al lettore semplicemente due cose: che la risurrezione è una "nuova creazione" e che le apparizioni "accadono" di domenica, nella celebrazione comunitaria dell'eucaristia o "frazione del pane". Si sta quindi invitando a scoprire il Risorto nell'eucaristia condivisa. Infatti Tommaso non "vede il Signore" perché è assente, fuori della comunità.

Si sottolinea anche che Gesú si fa presente "la sera" e "mentre erano chiuse le porte". Il motivo della "paura" è un'aggiunta posteriore; in un primo momento era semplicemente un modo di indicare il carattere portentoso della presenza del Risorto. Si fa vedere che il "corpo" del Risorto è al di là delle leggi fisiche: capace di "attraversare" i muri, non è un corpo che si possa vedere o toccare.

Del resto, l'esperienza del Risorto è legata a realtà specifiche e fondamentali per il credente: la pace, la missione, il perdono e lo Spirito.

La pace (shalom) è il saluto del Risorto, come era stato il saluto degli angeli nella nascita: "Pace agli uomini, amati da Dio". Se l'unica cosa che ci toglie la pace è la mente non osservata -le cavillazioni mentali-, è chiaro che la Presenza è sinonimo di quella pace che "sorpassa tutti i nostri pensieri" (Fil 4,7). Non è strano che nel Nuovo Testamento si chiami Gesú "la nostra pace" (Ef 2,14) e che Paolo parli reiteratamente del "Dio della pace" (1Ts 5,23; Rm 15,33; Fil 4,9).

L'esperienza del Risorto, d'altra parte, convoca alla missione, una missione totalmente in linea con quella dello stesso Gesú: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Il fulcro della stessa non potrà essere altro che quello di comunicare e favorire la vita, poiché egli è venuto "perché abbiano la vita, e l'abbiano in pienezza" (Gv 10,10).

La missione non ha niente a che vedere con il proselitismo e non nasce neanche perché qualcuno si creda in possesso della verità. È qualcosa di molto piú profondo, gratuito e disappropriato. Sentirsi "inviato" è, semplicemente, riconoscersi come "canale" attraverso il quale la Vita si esprime. Appunto per questo, non ci sono né appropriazione né aspettative; si lascia che la Vita sia. Da qui che, nel senso in cui lo stiamo presentando, unicamente può sentirsi "inviato" chi ha smesso di identificarsi con il suo io, si è liberato dall'ego. L'io non può mai vivere come "inviato", anche se lo proclama, perché la sua caratteristica è il vivere egocentrato, proprio l'opposto dell'essere canale.

Il Risorto comunica il suo stesso Spirito. Il lettore del vangelo sa già che questa era stata una delle grandi promesse di Gesú prima di morire. "Alitando su di loro" -le stesse parole con cui si narra la creazione del primo uomo: "Il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente" (Gen 2,7)- li rende partecipi del suo stesso Dinamismo e della sua stessa Gioia, dello stesso Spirito che lo animò durante tutta la sua vita.

E per questo dono dello Spirito, i discepoli si costituiscono in "giudici" del mondo. Il "rimettere o non rimettere i peccati" è vincolato alla tradizione sinottica del "legare e slegare". I teologi sono d'accordo sul fatto che la lettura che ne fece il concilio di Trento, che vide in queste parole l'istituzione del sacramento della penitenza, sembra un'interpretazione dogmatica, che va oltre quello che il testo vuole esprimere.

Nella linea di ciò che appare nel cosiddetto "testamento spirituale" di Gesú (capitoli 13-17), in cui si parla dello "Spirito di verità" che smaschera l'inganno del mondo, anche qui si riconoscono i discepoli, in quanto abitati da quello stesso Spirito di verità, la capacità di discernere il vero dal falso.

Ma questo non significa entrare in un nuovo dibattito intorno alle credenze che sarebbero "ortodosse" -com'è successo e succede abitualmente.-, ma consiste proprio nel trascenderle, poiché si è scoperto che la Verità sarà sempre al di là di esse. La Verità non può essere oggetto di fede; la si può unicamente essere.

 

Enrique Martínez Lozano

www.enriquemartinezlozano.com

Traduzione: Teresa Albasini

Read 3387 times
Login to post comments